il caregiver familiare, un angelo invisibile

TRATTO DAL NOTIZIARIO AISLA N.1, APRILE 2015, PAG. 1
Care Lettrici, Amici Lettori,
negli ultimi anni ho avuto l’opportunità, e anche la fortuna, di conoscere tante persone che sono costrette, ogni giorno e loro malgrado, a combattere la Sla.
Uomini e donne di età ed estrazione sociali differenti che si fanno carico del lavoro e della responsabilità di cura del proprio caro. E’ una responsabilità inconciliabile, nella maggior parte dei casi, con una qualsiasi attività lavorativa e, tantomeno, con quella familiare. Sto parlando dei caregiver familiari.
Sono coloro che scelgono di prestare un’assistenza continuativa e rilevante al proprio caro e che nel tempo, di fatto, diventano le sue mani, braccia, gambe, la sua voce. Una simbiosi capace di esprimere tutta quella ricchezza che la sla imprigiona fisicamente, ma lascia libera nell’anima: un patrimonio inestimabile di sentimenti, emozioni, di “essere” che va oltre il mero “fare”.
E’ questa una delle ragioni per cui la Sla viene definita la malattia della famiglia e non solo della persona. Il carico e le conseguenze sono pesanti, soprattutto con il progredire della malattia dove, di fatto, si incrociano due fragilità interdipendenti sotto tutti i punti di vista, a partire da quello affettivo. Non a caso, dopo alcuni anni di assistenza, molti sono i caregiver familiari che accusano disturbi della salute riconducibili a stress, depressione, insonnia, vissuto di rinuncia.
Persone che, senza alcun tipo di preparazione rispetto a ciò che li attende, sono chiamate a rivoluzionare la propria vita per dedicarsi completamente e con amore, al proprio caro che necessita di assistenza h24. E’ una scelta radicale: non lascia il tempo per fare altro. Pensiamo, solo per fare un esempio, alla nostra giornata lavorativa: è oggettivamente difficile conciliare l’assistenza di un malato di Sla con lo svolgimento di una qualsiasi professione. Quale datore di lavoro consentirebbe tutte le varie uscite anticipate, i permessi, le pause necessarie per poter assistere il proprio congiunto, le assenze improvvise dettate da emergenze?.
Sono persone che svolgono, a tutti gli effetti, un lavoro che va ben oltre agli orari tradizionali previsti da qualsiasi contratto: impegno continuo; sette giorni su sette; niente festività; turni notturni e diurni; reperibilità costante e dedizione alla causa totale.
Eppure questi sforzi o, meglio, questi straordinari atti di amore, non solo non vengono compresi dalle istituzioni: al contrario esse difficilmente ne riconoscono i diritti.
Aisla combatte da sempre, nei vari tavoli istituzionali, per far comprendere il ruolo di questa figura che, spesso, si confonde con quella – altrettanto straordinaria –dell’assistente familiare o badante. La missione a cui sono chiamati è, ovviamente, la stessa ma, se nel secondo caso è ormai accettato (che non significa riconosciuto) il ruolo professionale, nel primo caso viene dato per scontato.
Non dimentichiamo mai che il caregiver familiare assicura sostegno ma ne ha bisogno a sua volta. Una buona presa in carico “globale” dovrebbe prevedere anche un’adeguata informazione alla famiglia rispetto al percorso che li attende e le scelte che saranno chiamati a fare; una formazione efficace affinché siano preparati al loro ruolo di curanti e, non ultimo, di un sostegno attraverso dei gruppi di aiuto nei quali potersi incontrare e confrontare, attività che la nostra associazione organizza in molti territori italiani.
Sono convinto che il caregiver familiare sia una figura davvero decisiva nel percorso di presa in carico domiciliare, ma anche che, purtroppo, non venga mai valorizzata abbastanza per quello che fa, tantomeno legittimata e tutelata. Una società civile e illuminata dovrebbe riconoscerne il ruolo per garantirne diritti, scelte ed opportunità e favorirne poi, nel cosiddetto “past caregiving”, il rientro nel mercato del lavoro tenendo conto della competenza acquisita nel percorso di cura del proprio caro.
In diversi paesi europei, come la Gran Bretagna, questi diritti sono stati normati e la ricaduta è stata più che positiva. Prendendo esempio proprio da loro, Aisla aderirà ufficialmente al “Manifesto per i familiari caregiver – Verso il riconoscimento culturale, sociale, giuridico” che sarà promosso e diffuso in occasione della “settimana del caregiver” in programma dall’8 al 14 giugno 2015.
Cogliere il senso del limite rappresenta indubbiamente una sfida notevole per una società intrisa di onnipotenza come quella in cui viviamo oggi, a maggior ragione nei casi in cui l’efficienza fisica e l’autonomia personale sono compromesse dalla malattia. Se si vuole compiere lo sforzo di andare oltre al liberale rispetto dell’ “aiuola del vicino”, un significato più profondo della “finitudine” di ciascuno di noi si può trovare proprio nella forma della cura.
“Siamo tutti angeli con una sola ala. Dobbiamo abbracciarci se vogliamo volare”.
E questo i “caregiver familiari” ce lo insegnano ogni giorno.
Massimo Mauro
Presidente Nazionale Aisla Onlus

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